Senigallia 23/06/2020 – “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”. Questo motto che, più di ogni altro, ha contribuito a rendere famoso Giulio Andreotti, sembra adattarsi perfettamente alle vicende relative alla futura destinazione dell’ospedale di Senigallia.Il nostro presidio ospedaliero ha imboccato ormai da diversi anni un percorso di progressivo smantellamento a dispetto delle rassicuranti dichiarazioni del sindaco e degli esponenti locali del Partito Democratico. Ma andiamo con ordine. Già prima del 2015, la progressiva riduzione degli organici ospedalieri causata dal ridotto o mancato contenimento del turn over aveva fatto sì che alcuni reparti fossero costretti a ridurre l’attività ordinaria (pur in presenza di una forte domanda di servizi da parte della popolazione), oppure si trovassero in una condizione di sovraccarico lavorativo privando il personale dei normali riposi compensativi e di un adeguato periodo di ferie continuative. Inoltre, già da parecchi anni diversi responsabili di U.O. complessa (Primari) vedevano assegnata la loro sede a Jesi o Fabriano essendo Senigallia una sede distaccata dove recarsi alla bisogna.
E’ il solito, vecchio, sporco gioco; se vuoi dimostrare che non è conveniente mantenere un Reparto o un Servizio, gli riduci il personale all’osso e così la sua produttività non potrà che calare in confronto a quello il cui organico è completo o ha addirittura ottenuto qualche deroga per nuove assunzioni. Questa situazione, di per sé precaria, è stata ulteriormente aggravata con la pandemia COVID-19. Contrariamente agli altri due ospedali della nostra Area Vasta i quali sono stati esentati dal ricoverare pazienti infetti (Fabriano) oppure, su richiesta del Sindaco, hanno ricevuto il supporto di strutture sanitarie esterne (Ospedale da campo della Marina Militare a Jesi) continuando così a svolgere buona parte della usuale attività assistenziale, l’ospedale di Senigallia nel momento stesso in cui è stato dichiarato ospedale COVID ha dovuto ridurre drasticamente o addirittura sospendere tale attività. Sono state accorpate le U.O. mediche di Cardiologia-UTIC, Gastroenterologia, Nefrologia e Neurologia e quelle chirurgiche di Chirurgia ed Ortopedia, mentre le U.O. di Oculistica ed Otorino hanno dovuto sospendere l’attività operatoria. Dulcis in fundo, tutte le prenotazioni di visite specialistiche alcune – causa liste di attesa – vecchie di diversi mesi sono state annullate ed i pazienti invitati ad una nuova prenotazione presso il CUP.
Un disastro completo! Dal momento che nelle regioni del nord la trasformazione in ospedale COVID-19 ha riguardato quasi esclusivamente gli ospedali classificati come non essenziali, molti hanno cominciato ad intravedere (andreottianamente) in questa trasformazione il preludio alla totale chiusura o riconversione in poliambulatorio una volta rientrata l’emergenza. Questo sospetto è confermato anche dal piano degli investimenti; infatti mentre a Fabriano sono state appaltate 4 nuove sale Operatorie ed a Jesi sono stati implementati 7 posti di terapia intensiva, Senigallia invece ha ottenuto posti di terapia sub Intensiva, cioè poco più di normali posti letto.
A fronte di questo progressivo declassamento, gli esponenti politici locali Mangialardi e Volpini entrambi campioni del Partito Democratico si sono limitati a fare la voce grossa durante la campagna elettorale del 2015 affermando che avrebbero ≪battuto i pugni sui tavoli locali e regionali≫, salvo poi posizionarsi allineati e coperti agli ordini del partito che, ovviamente, ha pianificato la riconversione dell’Ospedale di Senigallia come fece per quello di Chiaravalle.
Non tutti i sindaci però si sono comportati da cagnolini obbedienti come Mangialardi; Piunti di S. Benedetto ha chiesto, invano, una conferenza aperta sulla sanità, Santarelli di Fabriano ha attaccato duramente Marini Direttore Generale ASUR sulla inefficienza regionale e non da meno è stato Bacci di Jesi con la ormai famosa sparata ≪se sapete fare fatelo. Altrimenti andatevene≫. Costoro, sebbene inascoltati, hanno dimostrato di non voler giocare al ribasso con la salute dei propri amministrati. Mangialardi, nella sua veste di Presidente ANCI, sarebbe potuto intervenire pesantemente nel merito. Invece, niente. Ne sarebbe andato della sua candidatura alle regionali! Fortunatamente, fra il personale sanitario c’è stato qualcuno che, mosso dal ≪voltastomaco≫ per la situazione di degrado dell’ospedale e sfidando un contesto ambientale omertoso, ha avuto il coraggio di lanciare un appello all’opinione pubblica: ≪la gente deve sapere che se non alzerà la voce a tutela di una assistenza locale per la propria salute e non si batterà per i diritti che ci stanno sottraendo vorrà dire che avrà voluto perdere il suo ospedale≫.
Alla luce di quanto detto, c’è da chiedersi quale credibilità possano avere le a dir poco surreali dichiarazioni del sindaco Mangialardi, recentemente rilasciate in un clima di incipiente campagna elettorale in vista delle elezioni amministrative del Comune di Senigallia: ≪potenzieremo il Pronto Soccorso…e non mi fermo qui≫. Se quella che vi ho appena raccontato fosse una favola, (e ahimè, purtroppo non lo è), potremmo trarre il seguente insegnamento: volete continuare a coltivare la speranza che il nostro ospedale non sarà messo in liquidazione (come peraltro sembra già deciso)? Allora, nel segreto della cabina elettorale, di fronte alla vostra coscienza, fate finta che sulla scheda il simbolo di partito del nostro impagabile sindaco non esista. Meditate, gente, meditate.
E’ il solito, vecchio, sporco gioco; se vuoi dimostrare che non è conveniente mantenere un Reparto o un Servizio, gli riduci il personale all’osso e così la sua produttività non potrà che calare in confronto a quello il cui organico è completo o ha addirittura ottenuto qualche deroga per nuove assunzioni. Questa situazione, di per sé precaria, è stata ulteriormente aggravata con la pandemia COVID-19. Contrariamente agli altri due ospedali della nostra Area Vasta i quali sono stati esentati dal ricoverare pazienti infetti (Fabriano) oppure, su richiesta del Sindaco, hanno ricevuto il supporto di strutture sanitarie esterne (Ospedale da campo della Marina Militare a Jesi) continuando così a svolgere buona parte della usuale attività assistenziale, l’ospedale di Senigallia nel momento stesso in cui è stato dichiarato ospedale COVID ha dovuto ridurre drasticamente o addirittura sospendere tale attività. Sono state accorpate le U.O. mediche di Cardiologia-UTIC, Gastroenterologia, Nefrologia e Neurologia e quelle chirurgiche di Chirurgia ed Ortopedia, mentre le U.O. di Oculistica ed Otorino hanno dovuto sospendere l’attività operatoria. Dulcis in fundo, tutte le prenotazioni di visite specialistiche alcune – causa liste di attesa – vecchie di diversi mesi sono state annullate ed i pazienti invitati ad una nuova prenotazione presso il CUP.
Un disastro completo! Dal momento che nelle regioni del nord la trasformazione in ospedale COVID-19 ha riguardato quasi esclusivamente gli ospedali classificati come non essenziali, molti hanno cominciato ad intravedere (andreottianamente) in questa trasformazione il preludio alla totale chiusura o riconversione in poliambulatorio una volta rientrata l’emergenza. Questo sospetto è confermato anche dal piano degli investimenti; infatti mentre a Fabriano sono state appaltate 4 nuove sale Operatorie ed a Jesi sono stati implementati 7 posti di terapia intensiva, Senigallia invece ha ottenuto posti di terapia sub Intensiva, cioè poco più di normali posti letto.
A fronte di questo progressivo declassamento, gli esponenti politici locali Mangialardi e Volpini entrambi campioni del Partito Democratico si sono limitati a fare la voce grossa durante la campagna elettorale del 2015 affermando che avrebbero ≪battuto i pugni sui tavoli locali e regionali≫, salvo poi posizionarsi allineati e coperti agli ordini del partito che, ovviamente, ha pianificato la riconversione dell’Ospedale di Senigallia come fece per quello di Chiaravalle.
Non tutti i sindaci però si sono comportati da cagnolini obbedienti come Mangialardi; Piunti di S. Benedetto ha chiesto, invano, una conferenza aperta sulla sanità, Santarelli di Fabriano ha attaccato duramente Marini Direttore Generale ASUR sulla inefficienza regionale e non da meno è stato Bacci di Jesi con la ormai famosa sparata ≪se sapete fare fatelo. Altrimenti andatevene≫. Costoro, sebbene inascoltati, hanno dimostrato di non voler giocare al ribasso con la salute dei propri amministrati. Mangialardi, nella sua veste di Presidente ANCI, sarebbe potuto intervenire pesantemente nel merito. Invece, niente. Ne sarebbe andato della sua candidatura alle regionali! Fortunatamente, fra il personale sanitario c’è stato qualcuno che, mosso dal ≪voltastomaco≫ per la situazione di degrado dell’ospedale e sfidando un contesto ambientale omertoso, ha avuto il coraggio di lanciare un appello all’opinione pubblica: ≪la gente deve sapere che se non alzerà la voce a tutela di una assistenza locale per la propria salute e non si batterà per i diritti che ci stanno sottraendo vorrà dire che avrà voluto perdere il suo ospedale≫.
Alla luce di quanto detto, c’è da chiedersi quale credibilità possano avere le a dir poco surreali dichiarazioni del sindaco Mangialardi, recentemente rilasciate in un clima di incipiente campagna elettorale in vista delle elezioni amministrative del Comune di Senigallia: ≪potenzieremo il Pronto Soccorso…e non mi fermo qui≫. Se quella che vi ho appena raccontato fosse una favola, (e ahimè, purtroppo non lo è), potremmo trarre il seguente insegnamento: volete continuare a coltivare la speranza che il nostro ospedale non sarà messo in liquidazione (come peraltro sembra già deciso)? Allora, nel segreto della cabina elettorale, di fronte alla vostra coscienza, fate finta che sulla scheda il simbolo di partito del nostro impagabile sindaco non esista. Meditate, gente, meditate.
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